Aiutooooo! Devo dire che scrivere questo post non e’ stato per nulla facile. E’ stato in bozza parecchio.
L’argomento e’ spinoso…Innanzitutto si prende una posizione e la si dichiara (con il rischio di “inimicarsi qualche collega…poco male, non possiamo mica piacere a tutti ;-) !!
In secondo luogo e’ molto complesso spiegare tutte le dinamiche che possono innescarsi e sovrapporsi nelle varie tipologie di approccio a questo lavoro.
Ma leggendo questo articolo che ho peraltro postato su FB, non posso fare a meno di fare qualche commento. Approfondiamo la parte legata alla remunerazione di una wedding planner.
Vista la pesantezza dell’argomento, alleggerisco con qualche immagine (Fatamadrina docet).

Dritti al sodo.
Ci sono diversi modi in cui il/la wedding planner puo’ essere remunerato.

1)
Alcuni wedding planners offrono al cliente il proprio servizio “for free”, a zero costo. Le loro prestazioni vengono remunerate dalle provvigioni riconosciute dai fornitori. E assicurano che cio’ non impatti in alcun modo sul prezzo al cliente (ovvero assicurano che non ci sia un “ricarico” sul prezzo al cliente).
Considerazione:
-le provvigioni, per poter garantire adeguata remunerazione al planner (e con questo intendo uno stipendio medio, anche volendo assumere che fare un lavoro che piace e in proprio ha di per se’ un suo valore…io stessa sono stata e sono tuttora disposta a percepire un compenso annuo inferiore a quello che percepivo quando lavoravo come dipendente), se costituiscono l’unico ingresso di una wedding planner, devono essere piuttosto alte.
Tre scenari. Per poter riconoscere tali provvigioni i fornitori devono a mio avviso:

A) ottenere dal planner una quantita’ di lavoro tale da giustificare una cosi’ significativa rinuncia al loro margine a favore del planner
B) avere specifici obiettivi legati a situazioni contestuali: volonta’ di promuoversi in start-up, in determinati periodi dell’anno, in determinati giorni della settimana
C) ricaricare sul prezzo finale al cliente la percentuale dovuta al planner o parte di essa
Commenti ad A) per un wedding planner indipendente, significa lavorare con un carnet fornitori precedentemente identificato e molto limitato. Piu’ “agente” che wedding planner direi…
Se un wedding planner trae il suo guadagno unicamente dalle provvigioni dei fornitori, come potra’ lavorare con fornitori non disposti a riconoscergli provvigioni? (che interesse avra’ nel proporvi una bellissima location adattissima per il vostro evento che non riconosce provvigioni al planner? (vi assicuro che ci sono…nei periodi “hot” non hanno alcuna difficolta’ a “vendersi” da sole..). O sara’ invece portato a lavorare con chi gli assicura il profitto piu’ alto? e come potra’ lavorare con un fornitore indicato dalla coppia ? (come talvolta accade es il fioraio da cui si serve da anni, il catering che ha per anni servito cosi’ bene l’azienda di famiglia etc)
Il fornitore che deve riconoscere una provvigione piuttosto alta, non sara’ portato ad abbassare nel medio/lungo periodo la qualita’ del suo servizio (materie prime, personale, materiali) per abbassare i suoi costi e non rinunciare a una cosi’ significativa perdita del suo margine?
commenti a B) trovo piu’ trasparente presentarlo come sconto al cliente finale, che se scegliera’ quel servizio, lo fara’ come consapevole scelta (quella di scommettere su un fornitore “giovane ma entusiasta”, quella di sposarsi in un giorno infrasettimanale, o quella di sposarsi in inverno…)
commenti a C) dal momento che il cliente non ha piena visibilita’ ne’ consapevolezza di quanto viene “ricaricato” il suo servizio, trovo questa soluzione altamente scorretta
Inoltre i fornitori non sono mai contenti di lavorare in queste condizioni (soprattutto quando l’ unica fonte di guadagno del planner e’ la provvigione, significa che questa deve avere un certo peso)  perche’ cosi’ facendo escono sul mercato con prezzi “falsati” non pienamente rispondenti al servizio che stanno offrendo (il servizio vale 100 e come tale andrebbe giudicato mentre, per riconoscere 20 al planner, il cliente paghera’ e giudichera’ il servizio/fornitore sul valore dichiarato di 120).
I fornitori addirittura lamentano che spesso i ricarichi non vengono dichiarati neanche ai fornitori stessi (ovvero il planner non gli comunica di quanto verra’ ricaricato il prezzo al cliente, con conseguenze disastrose nelle relazioni del team e con il cliente, e con il rischio che questo costo venga “gonfiato” oltre misura portando il fornitore a uscire sul mercato con un bassissimo rapporto qualita’/prezzo addirittura a sua insaputa!).
Ho interrogato il responsabile di un servizio catering qualche giorno fa. La sua piu’ brutta esperienza con un planner: costo ricaricato del 21% a sua insaputa (scoperto a posteriori). Lavoro perso e ricordo lasciato al cliente (con possibile diffusione): “troppo caro per quello che offre”.
Una fiorista con cui parlavo ieri lamentava il fatto che ogni minuto (spero esagerasse ;-) entrasse in negozio un wedding planner o una persona che si presentava come tale, a chiedere quale provvigione gli sarebbe stata  riconosciuta. Prima e unica domanda. Somma tristezza. Il problema e’ che spesso chi opera  ricaricando in questo modo assolutamente NON professionale, e’ poi lo stesso planner che lavora come “passacarte”, non si assume ne’ guida ne’ responsabilita’, non ha competenze e conoscenza del settore, e talvolta non e’ nemmeno presente all’evento.
Non mi stupisce affatto che certi fornitori approccino la wedding planner che non conoscono con la dovuta circospezione e diffidenza.
Commenti generali:
-se il profitto della wedding planner arriva dai fornitori, e da loro e’ quindi remunerato il suo lavoro, di chi fara’ gli interessi?
-se la wedding planner si presenta sul mercato “for free”, come contribuisce a far riconoscere il giusto valore a questa professionalita’? non solo agli occhi dal cliente ma anche da fornitori e degli organi istituzionali? (basti pensare che alla camera di commercio non “esistiamo” ancora e dobbiamo registrarci in codici attivita’ che non ci rappresentano)
-il meccanismo delle provvigioni, non dichiarato o comunque non quantificato, non crea confusione  e scetticismo nel cliente? Non mina alla base il rapporto di fiducia e trasparenza che deve imprescindibilmente instaurarsi fra il planner e gli sposi?
-non ostacola la formazione di un team di lavoro affiatato con i fornitori?
-come puo’ un planner negoziare il miglior rapporto qualita’/prezzo con un fornitore quando lui sa di dover riconoscere una % al planner e ne cononosce l’entita’? (nei panni di un fornitore, alla richiesta di andare ulteriormente “incontro” alla coppia, non vi verrebbe da rispondere “abbassa tu la tua fee!”??).

2) Il wedding planner e’ remunerato con un fee direttamente dal cliente.
Il fee puo essere calcolato:
A) come % del budget
B) in base a ore/impegno richiesto dal tipo di evento e di organizzazione necessaria
C) flat fees quotati su pacchetti di servizi dettagliati
Commenti ad A) un wp remunerato in % sul budget, che interesse ha a trattare al meglio i prezzi dei fornitori se con prezzi piu’ alti ottiene un profitto maggiore?
Come si comporta quando la coppia indica un particolare fornitore con cui vorrebbe lavorare (facciamo sempre gli esempi del fioraio da cui si serve da anni, il catering che ha per anni servito cosi’ bene l’azienda di famiglia, l’amico fotografo etc) E se la coppia, solo per aver indicato il fornitore, si aspetta che il relativo budget non venga calcolato nella somma complessiva su cui calcolata la fee del planner? il planner deve accettare senza alcun compenso relativo a quel servizio di coordinare il fornitore, definire i contenuti dell’offerta, discutere e negoziare il contratto, definire gli aspetti logistici etc? Forse spiegando al cliente quanto sopra lo si puo’ “educare”?
Quale % puo’ essere considerata giusto compenso per le ore di lavoro, l’esperienza e le competenze, la formazione e la creativita’ di ognuno di noi? (immaginando anche che ognuno di noi abbia un diverso “valore” sul mercato). Se viene applicata una percentuale sul totale, questa grande assunzione che il valore aggiunto dalla planner su ogni servizio sia pari alla stessa % su tutti i servizi, e’ corretta? o meglio, questa assunzione e’ in grado di “assorbire” tutti gli scostamenti?
Commenti a B) difficilissimo perche’ il planner deve capire a priori (ovvero in fase di preventivazione) quanto ansiosa/con scarsa attitudine a delegare/difficile da soddisfare/ indecisa/facilmente influenzabile sara’ la sua sposa…E’ facile sbagliare: talvolta spose che si dichiarano “super easy” finiscono per essere le piu’ difficili da soddisfare o le piu’ indecise (e potete facilmente immaginare quanto questo impatti sul monte ore), e altre volte spose all’apparenza molto pignole o demanding si sono rivelate estremamente focalizzate su obiettivo, precise, decise e puntuali nelle risposte, e quindi assolutamente delle “buone” clienti. Vero, puo’ essere ipotizzato un monte ore medio sulla base delle esperienze pregresse e poi “aggiustato” a saldo sulla base delle ore effettive ma…bisogna cmq tenere il conto e il dettaglio preciso e puntuale di tutte le ore spese nell’organizzazione ( e non si tratta di 10 o 20 ma di 100 o 200!). E poi, come calcolare le ore? Quando troviamo un prodotto/servizio solo dopo lunghe ricerche o quando viceversa lo troviamo subito perche’ una lunga ricerca effettuata in precedenza ce lo consente? Quando sviluppiamo mentalmente il fil rouge mentre siamo in macchina o nel letto?
Commenti a C) qui la difficolta’ sta nel fare delle stime a preventivo senza che possano poi in alcun modo variare al variare della complessita’ dell’evento (si chiama tariffa piatta perche’ per l’appunto non dovrebbe crescere durante la fase organizzativa). Puo’ forse funzionare quando i pacchetti sono ben definiti e dettagliati? Ma non si finisce per standardizzare? Potrebbe essere l’approccio giusto per chi come me fa della creativita’ la propria bandiera?

Source: etsy.com via Monica on Pinterest


3) un mix di dei due precedenti punti

In questo caso i wedding planner prendono una parte del loro compenso dai fornitori e una parte dal cliente. Valgono quindi tutte le considerazioni sopra, considerando pero’ che percependo una quota del compenso dal cliente, le provvigioni dai fornitori potranno essere inferiori rispetto a chi lavora con approccio 1).  E quindi, rispetto a 1, al fornitore verra’ richiesto di rinunciare a un margine inferiore. Quindi si allarga il raggio d’azione (se mi accontento di una provvigione inferiore, trovero’ sicuramente piu’ fornitori in grado di offrirmela e amplio cosi’ lo spettro dei fornitori che potro’ raccomandare).
E va comunque fatta distinzione anche qui fra rinuncia a una parte del margine a favore del planner, e ricarico della provvigione sul prezzo al cliente.
Con questo non voglio dire che con alcuni fornitori non si possa instaurare una buona e piuttosto continuativa collaborazione e siano disposti quindi a “trattare meglio” il wedding planner rispetto a un normale cliente privato con cui collaborano un’unica volta, ma trovo sarebbe piu’ giusto in questo caso presentarlo come sconto sul prezzo al cliente, o come servizi extra dati inclusi nel prezzo in virtu’ della collaborazione con il planner, rendendo il cliente consapevole del particolare trattamento a lui riservato.
 Anche nei casi in cui le provvigioni sono offerte dal fornitore che vuole promuovere la sua attivita’, magari in fase di start up, o magari per coprire alcuni periodi o giorni “scoperti” funziona a mio avviso meglio trasformarle in sconti sul prezzo al cliente e darne a lui piena visibilita’.

Solo convertendo le eventuali provvigioni  in sconti al cliente a mio avviso si puo’ in tutta trasparenza, fare l’interesse del cliente (nel rispetto ovviamente dei fornitori), presentare progetti ad hoc sempre diversi, cuciti davvero addosso a chi ce li commissiona, senza vincolo ne’ obbligo alcuno verso i fornitori. Potendo in tutta liberta’ lavorare con il catering segnalato dal cliente, con il fiorista da cui storicamente si serve la famiglia, con la location molto ambita che non e’ disposta a modificare il suo prezzo per quella particolare data, con quella che ha vincoli di esclusiva con un catering specifico, con quel rinomato ristorante che non e’ disposto a riconoscere provvigioni. Con materiali e allestimenti nuovi e diversi. Con un buon affiatamento del team di lavoro.


Quindi, in conclusione, come ho deciso di operare? THAT DAY come viene remunerata?
Per la mia visione di questo lavoro, il mio favore va indiscutibilmente all’approccio 2. 
Forse l’approccio 2B sarebbe il piu’ corretto per far retribuire le ore effettive di lavoro. D’altra parte,  io trovo molto difficile lavorare con questo approccio (i primi tempi di attivita’ ci ho provato, ma credetemi e’ difficilissimo stimare un monte ore/impegno necessario in fase di impostazione del progetto e preventizzazione. E non mi piace l’idea di presentare poi a consuntivo il delta a fronte di un conto dettagliato delle ore).
Calcolare il proprio fee in % sul budget (2A) e’ sicuramente piu’ semplice. Ha sicuramente anche  delle criticita’ (che abbiamo evidenziato sopra) ma per il mio metodo di lavoro sono quelle a cui riesco a opporre piu’ soluzioni/argomentazioni.
E in particolare, alla domanda “che interesse ha il planner a negoziare al meglio i prezzi se viene remunerato in funzione di questi?” rispondo “il mio obiettivo e’ riuscire a portare a casa un bel risultato ottimizzando l’investimento. E la mia visione e’ generalmente focalizzata sul risultato (e sul budget) complessivo (chiedo sempre quando possibile di avere un’indicazione del budget complessivo disponibile). Pe me aiutare il cliente a risparmiare su una particolare voce di spesa  (senza ovviamente comprometterne il livello qualitativo) nella maggior parte dei casi significa aiutarlo a realizzare altre cose, che arricchiscono e “migliorano” il risultato complessivo. E con lui la soddisfazione del cliente e mia, nonche’ il mio book/porfolio e la mia reputazione sul mercato.


E veniamo alla domanda: perche’ scrivere questo papiro-post?
 (vi giuro che dare ordine e penna a riflessioni e consapevolezze acquisite nel corso di anni non e’ stato veloce ne’ semplice!)
Perche’-Mi-Sono-Rotta-Le-Scatole!
La concorrenza delle wedding planner che lavorano “a zero costo” e’ spesso sleale e nasconde ricarichi. Non valorizza il ruolo e ci scredita verso i fornitori.
Se queste figure operano sul mercato, e’ perche’ e’ il mercato a permetterglielo.
 In base alla mia esperienza, il primo incontro con le coppie serve a conoscerci e spesso i clienti sono desiderosi di parlare del loro giorno, non di fee e di provvigioni. Spesso si trovano poi, a casa a distanza di qualche giorno, a dover valutare una professionalita’ e un preventivo (o, nel mio caso, un prospetto di allocazione del budget), senza avere gli strumenti e le informazioni per farlo.
Se parlassi in termini di marketing, direi che il cliente deve essere ancora “educato” a valutare chi ha davanti e il servizio che gli viene offerto.
Questo post vuole dare il mio contributo. E ve ne prometto altri con il medesimo obiettivo. Darvi gli strumenti per valutare cosa vi sta venendo offerto (magari pero’ un po’ piu’ brevi eh?)
Siamo ancora in tempo per “raddrizzare il mercato”, io ci credo e fortunatamente ho avuto modo di appurare che non ci credo solo io, ma altre colleghe sparse un po’ qua e un po’ la’ in Italia condividono questo pensiero e questo modus operandi.
Va anche detto che se questo approccio non viene “apprezzato” a breve dai clienti, alcune professioniste serie e capaci potrebbero essere messe in difficolta’ e
a) lasciare, perche’ non vogliono scendere a compromessi, e’ il caso di Silvia (brava e apprezzata wedding planner di Firenze), che non ha voluto piegarsi e a lei tutta la mia stima e un grande in bocca al lupo per la sua nuova avventura
b) dover scendere appunto a compromessi (o almeno, io lo vivrei cosi’) per restare sul mercato. Ovvero abbassando il fee al cliente, ma iniziando a percepire anche una parte del compenso dai fornitori (quindi non piu’ sconti o trattamenti particolari per il mio cliente in tutta trasparenza, ma prezzi di mercato e sconto convertito in provvigione a me). Vi ho gia’ elencato prima i motivi per cui questo approccio non mi convince fino in fondo, e non li ripetero’ ora. Ma e’ indubbio che questa soluzione porti frutti piu’ facili e numerosi: il cliente che non e’ pienamente consapevole di tutte le dinamiche espresse sopra trova il fee del planner decisamente inferiore e quindi piu’ “appetibile”.
Anche per un nome piuttosto famoso (il suo stile puo’ piacere o non piacere, ma e’ indubbiamente un planner di successo) ricevere o pagare provvigioni e’ un NO-NO.
Se volete approfondire andate a leggere questi suoi post in merito a
E tu, fornitore, collega o cliente che stai leggendo (e sei riuscito ad arrivare alla fine di questo post ;-), cosa ne pensi? Devo avere fiducia nel cliente e nel mercato? 


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